La tabernaria

La tabernaria

ni, acciò per la costui morte ella muoia de disperazione. SCENA IV. CAPPIO, LARDONE, ANTIFILO. CAPPIO. (Questi mi par Lardone). LARDONE. (Questi mi par Cappio). O buono incontro! CAPPIO. O che miglior riscontro, perché sei venuto a tempo! LARDONE. Sarei venuto a tempo, se fossi ricevuto da te a pranso questa mattina. CAPPIO. Che faccende ti conducono a Napoli? che porti di nuovo? LARDONE. Nulla di nuovo né fuori né dentro. Fuori ogni cosa è vecchia: il mantello tanto logro e spelato che se due pedocchi facessero questione insieme, non sarebbe fra loro un pelo che li partisse; il giuppone e le calze paion reti di pescatori, tanto sono aperte, e temo che un giorno il corpo se ne scappi fuori. Dentro ci è quella fame antica che nacque nascendo meco, né morirá finché non muoia io. Di te non dimando, perché sei vestito di nuovo e la faccia è piú tonda che la luna in quintadeci

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